La moda, oltre ad alimentare le tendenze e lo stile di vita moderno, ha un impatto ambientale devastante. Ogni anno, infatti, circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili vengono generati a livello globale, con un flusso costante di abiti in discarica.

In questo contesto, le aziende di fast fashion, come H&M e Primark, hanno lanciato programmi di ritiro e riciclo, presentandoli come soluzioni sostenibili per i consumatori che cercano di dare una seconda vita ai loro capi d’abbigliamento usati. Ma quanto di ciò è effettivamente vero?

Programmi di riciclo: funzionano davvero?

Un’indagine condotta tra agosto 2022 e luglio 2023 ha gettato luce sul greenwashing di alcune aziende, svelando cosa accade ai vestiti una volta depositati nei programmi di ritiro.

La rapida produzione e il consumo di moda a basso costo hanno portato a una crisi ambientale e allo sfruttamento dei lavoratori. Mentre i marchi di fast fashion enfatizzano il riciclo, spesso ignorano il concetto di economia circolare, che mira a massimizzare la vita utile dei prodotti attraverso il riutilizzo, il riciclo e il recupero. I capi di bassa qualità sono destinati a essere indossati per breve tempo e poi gettati, contribuendo all’accumulo di rifiuti.

Anche l’impegno al riciclo spesso si scontra con la realtà. La maggior parte dei tessuti sintetici usati dalla fast fashion, prodotti da combustibili fossili, non è biodegradabile e rilascia microplastiche nell’ambiente. La scarsa qualità di molti capi donati rende difficile il loro riutilizzo. Anche se le aziende affermano che tutti i capi donati saranno riciclati o riutilizzati, un’indagine ha dimostrato che la realtà è diversa.

L’indagine di Changing Markets Foundation

L’indagine condotta dalla ONG Changing Markets Foundation ha tracciato 21 articoli di abbigliamento di seconda mano, donati a negozi come H&M, Zara, C&A, Primark e altri. I risultati hanno rivelato che tre quarti degli articoli sono stati distrutti, abbandonati nei magazzini o esportati in Africa, dove spesso vengono triturati o scaricati in discariche. Solo una piccola percentuale è stata effettivamente riutilizzata o venduta in negozi di rivendita.

Le promesse di aziende come H&M, C&A e Primark, che affermano di adottare pratiche di riciclo e riutilizzo, sembrano spesso essere un esempio di greenwashing. L’indagine mette in evidenza la necessità di una regolamentazione più rigorosa e obiettivi di riciclo obbligatori, al fine di promuovere una moda veramente sostenibile. Mentre l’Unione Europea sta cercando di affrontare la sfida del fast fashion, è essenziale adottare misure legali che promuovano il riutilizzo, il riciclo e la sostenibilità nel design dei capi d’abbigliamento. Solo attraverso azioni concrete e trasparenti possiamo sfidare questo fenomeno e promuovere un futuro più sostenibile per l’industria della moda.